Le principali novità della Direttiva sul REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

Le principali novità della Direttiva sul REPORTING DI SOSTENIBILITÀ

C’è un’importante novità nella Direttiva UE sul Reporting di Sostenibilità: il Parlamento Europeo ha approvato la nuova Direttiva relativa alla Comunicazione Societaria  sulla Sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSR). La nuova informativa di sostenibilità sostituirà la precedente Dichiarazione di Carattere Non Finanziario (DNF). 

È un passo molto importante per le organizzazioni: è stato stilato un quadro normativo armonico che permette la concreta misurazione delle performance di sostenibilità delle imprese e una trasparente divulgazione dei risultati raggiunti.

La portata maggiore di questo intervento è che molti più attori saranno coinvolti in questa attività, comprese le PMI, le quali dovranno redigere le informative attraverso dei criteri proporzionali.

Tale normativa rappresenta quindi una transizione verso un percorso di sostenibilità a cui tutte le organizzazioni sono chiamate a prendere parte.

 

Le principali novità della direttiva

La Direttiva prevede diversi aspetti nuovi, che vale la pena esplorare.

  1. Ambito di applicazione

Ora non solo le grandi società quotate e non quotate, ma anche tutte le PMI quotate su mercati regolamentari, ad esclusione delle microimprese quotate, sono chiamate a redigere il report di sostenibilità.

Lo stesso vale per i gruppi, che dovranno presentare un report di sostenibilità consolidato. Ne sono esenti le sub-holding, se tale reportistica è prodotta dalla controllata seguendo le regole e gli standard europei.

La direttiva si applica anche alle società non europee che però operano nell’UE con un fatturato realizzato nel territorio superiore ai €150 milioni annui.



Grandi imprese: società che alla data di chiusura dell’anno economico finanziario superano due dei seguenti tre criteri: 

  • €20 milioni di totale attivo;
  • €40 milioni di fatturato; 
  • numero medio di dipendenti occupati durante l’esercizio: 250.



Microimprese: società che non superano i limiti numerici di almeno due dei seguenti requisiti:

  • €350.000 di totale attivo;
  • €700.000 di fatturato;
  • numero medio di dipendenti occupati durante l’esercizio: 10

 

  1. Estensione della raccolta dati nella catena di fornitura 

La nuova disciplina europea prevede massimo impegno per tutta la filiera produttiva.

Le aziende obbligate alla predisposizione del report dovranno rendicontare le prestazioni ESG di tutta la catena di fornitura.

Questo significa che tutte le imprese che si trovano nella catena di fornitura di aziende chiamate a redigere il bilancio di sostenibilità saranno a loro volta tenute alla raccolta e comunicazione dei dati, pur non avendo l’obbligatorietà formale della rendicontazione.  

Tanto più si troveranno in una posizione strategica all’interno della catena tanto più sarà reale la necessità di adeguarsi alle richieste ed esigenze del proprio cliente.

  1. Tempistiche 

Il recepimento della Direttiva da parte delle diverse entità sopra citate è scandito dai seguenti termini di applicazione temporale:

 

Data di attuazione

Entità che devono rispettare l’obbligo

1 gennaio 2024,

con primo report nel 2025

Imprese che già producono la Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) ai sensi della Direttiva n. 95/2014 (in Italia, D. Lgs. n. 254/2016)

1 gennaio 2025,

con primo report nel 2026

Grandi società quotate e non quotate che ricadono nell’ambito della CSRD e non producevano già la DNF.

E PMI in catena di fornitura delle grandi società che rendiconteranno le performance di sostenibilità 

1 gennaio 2026, 

con primo report nel 2027, con l’opzione di non applicare la nuova normativa (“opt-out option”) per due anni (ovvero fino al 1° gennaio 2028), salva la necessità di spiegare perché l’impresa ha deciso di  avvalersi di tale opzione

PMI quotate che ricadono nell’ambito della CSRD

1 gennaio 2028, 

con primo report nel 2029

Filiali di imprese extra-UE che ricadono nell’ambito della CSRD

  1. I nuovi standard europei per la rendicontazione: ESRS e il contributo dell’EFRAG

La Commissione europea ha commissionato all’EFRAG, organo di consulenza della Commissione europea nel campo della rendicontazione aziendale, la stesura dei nuovi standard europei obbligatori per il reporting di sostenibilità, con la denominazione European sustainability reporting standards (ESRS).

L’approccio utilizzato nel rendicontare le tematiche ESG considera una prospettiva multi-stakeholder, non orientata esclusivamente agli interessi degli investitori.  

Tali standard saranno coerenti con le raccomandazioni presentate dal TCFD  (Task Force on Climate-related Financial Disclosures) e rifletteranno gli obblighi informativi promananti dalla EU Green Taxonomy (es. art. 8), dalla SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), dallo European Pillar on Social Rights e dalla Direttiva sulla Sustainable Corporate Governance and Due Diligence.

 

Gli standard saranno suddivisi in:

  • informative trasversali di natura generica (“sector agnostic”), applicabili indipendentemente dal settore di riferimento;
  • informative settoriali (“sector specific”), specifiche al settore di appartenenza di un’impresa.

Il primo set di standard di sostenibilità europei sarà approvato ed emanato entro il 30.06.2023 e il secondo set (inclusi quelli settoriali e per le PMI) entro il 30.06.2024.

 

L’obiettivo di questi standard è aiutare le imprese a divulgare le corrette informazioni relative all’impatto prodotto dalla questione di sostenibilità sui risultati aziendali ma anche gli impatti dell’impresa stessa sull’ambiente e le persone. Per tale motivo, sarà fondamentale descrivere il modello organizzativo e il piano strategico delle imprese, focalizzandosi, inoltre, sui rischi e sulle opportunità connesse alle questioni di sostenibilità.

 

Gli standard ESRS saranno compatibili con i quadri di rendicontazione più utilizzati, quali Global Reporting Initiative (GRI), Sustainability Accounting Standards Board (SABS), International Integrated Reporting Council (IIRC), dall’Organismo internazionale di normalizzazione  contabile (IASB), Task Force sulle comunicazioni di informazioni di carattere finanziario relative al clima (TCFD), Carbon Disclosure Standards Board (CDSP) e  dal CDP (ex Carbon Disclosure Project). 

Inoltre, dovranno integrare il contenuto degli standard internazionali implementati dall’International Sustainability Standard Board (ISSB), al fine di armonizzare la rendicontazione per le imprese che operano a livello globale e ridurre il rischio di incoerenza.

  1. Novità per le PMI e principio di proporzionalità

La Commissione europea ha previsto per le PMI standard europei differenziati e semplificati, proporzionati alle capacità e alle caratteristiche specifiche di ogni azienda.

Inoltre viene considerata la possibilità di utilizzo, su base volontaria, dell’informativa di rendicontazione di sostenibilità con tali principi proporzionati anche alle PMI non quotate.

 

Per quanto riguarda la catena di fornitura, l’azienda capo-filiera potrà chiedere le informazioni relative agli ambiti di sostenibilità a tutte le aziende che ne fanno parte, in coerenza con gli standard di reporting semplificati per le PMI.

 

Se per 3 anni l’impresa assoggettata all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità non riesce ad ottenere informazioni dalla catena di fornitura, essa dovrà spiegare 

  1. a) gli sforzi compiuti
  2. b) perché non è stato possibile ottenere le informazioni
  3. c) i piani con cui prevede di ottenere tali informazioni in futuro.

 

I Governi degli Stati membri sono invitati a studiare l’impatto dell’applicazione dei nuovi standard sulle PMI nazionali e a predisporre incentivi e aiuti per favorire questo passaggio.

 

  1. Natura e dimensione temporale delle informazioni

Le informazioni di sostenibilità presentate nei report saranno sia di natura quantitativa che qualitativa: gli standard ESRS, infatti, presentano metriche per misurare le performance sostenibili delle aziende e informative di carattere narrativo, per fornire una spiegazione adeguata al dato numerico rendicontato.

 

In particolare, la Direttiva europea sottolinea il carattere prospettico (forward-looking) delle informazioni nel medio e lungo termine, coerentemente con gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi e dallo European Green Deal.

 

Un’ulteriore novità riguarda il collocamento dell’informativa di sostenibilità, che dovrà necessariamente essere identificabile all’interno della Relazione sulla Gestione, e non in un fascicolo a parte.

 

  1. La doppia materialità

Gli standard ESRS sottolineano che la doppia materialità nasce dall’unione della financial materiality e della impact materiality e che entrambe hanno la medesima importanza nella definizione del report di sostenibilità europeo.

Ecco il principio della doppia materialità, introdotto dalla nuova Direttiva europea. Questo prevede che le imprese, nella determinazione delle tematiche materiali (cioè significative), considerino le tematiche di sostenibilità che influenzano i risultati economico-finanziari dell’impresa (materialità finanziaria) o i fattori rilevanti dal punto di vista socio-ambientali relativi ai temi ESG prodotti dalle attività dell’impresa (materialità d’impatto) oppure che si prendano in considerazione entrambe le tipologie di materialità.

  1. Digitalizzazione

Tra le novità della Direttiva vi è l’obbligo di digitalizzare l’informazione presentata nel report di sostenibilità, con l’obiettivo di garantire una maggiore diffusione e comparabilità. Verrà utilizzato un formato elettronico unico di comunicazione, che si serve del linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura  XBRL (già obbligatorio in Europa per tutte le quotate e, in Italia, anche per le società di  capitali non-quotate). 

Infine, le informazioni di sostenibilità digitalizzate dovranno essere pubblicate seguendo «European Single Electronic Format» (ESEF) e depositate nello «European Single Access Point» (ESAP).

 

  1. Rendicontazione degli intangibili

La Direttiva prevede l’obbligo di rendicontazione degli asset intangibili, i quali formano il capitale generato internamente dalle aziende e non riportato nello Stato Patrimoniale, e che dunque non è visionabile agli utenti esterni e interni del reporting.

 

Le società di capitali dovranno riportare tutte le informazioni relative a tali asset nella Relazione sulla gestione.

 

  1. Revisione e assurance

Tutti i report di sostenibilità che verranno redatti in conformità alla Direttiva europea saranno obbligatoriamente assoggettati al limited assurance, con la possibilità di introdurre successivamente la reasonable assurance, tipica del bilancio economico-finanziario.

 

Le informazioni dovranno essere soggette ad una revisione da parte di un ente esterno accreditato dalle autorità nazionali (statutory  auditor) con la possibile introduzione di un’apposita certificazione per le competenze relative a  questo tipo di assurance. 

 

Gli Stati membri avranno la facoltà di decidere se il report di sostenibilità e il bilancio economico-finanziario delle imprese siano revisionate o meno al medesimo auditor.

 

Per scoprire tutti i campi applicativi della Direttiva i professionisti di Hidra sono a tua disposizione.

Parità di genere: la certificazione diventa realtà

Parità di genere: la certificazione diventa realtà

Lo scenario in Italia

Per inquadrare correttamente il tema della parità di genere partiamo dai numeri:

  • Meno del 30% è la percentuale di donne impiegate in ruoli manageriali
  • Pesa all’80 % l’impegno dei carichi di cura e familiari a carico delle donne (a fronte del 20% degli uomini)
  • Si attesta al 16% il divario retributivo tra donne e uomini in Unione Europea
  • Meno di una donna su due, tra i 15 e i 64 anni, nel 2021, risulta occupata (a fronte di due uomini su tre)
  • 911 (77,2%) sono i casi di dimissioni volontarie di lavoratrici madri nel 2020 (a fronte di 9.110 dei lavoratori padri)
  • Le donne rappresentano la maggioranza (56%) del totale tra le persone laureate in Italia ma questo dato d’eccellenza va a ribaltarsi una volta entrate nel mondo del lavoro in termini di presenza e sviluppi professionali.

Dal breve estratto emerge l’amaro contesto d’attualità: il divario di genere è  sempre più radicato e comporta una scarsa rappresentanza delle donne.

Nel mondo del lavoro sono diversi i fattori ad alimentare fortemente  il gender gap: retaggi culturali, ruoli sociali stereotipati, discriminazioni e segregazione professionale

 

La legge n. 162/2021: la certificazione per l’uguaglianza di genere

Con la legge  n. 162/2021 è stata istituita la nuova certificazione della parità di genere:  un documento che attesta le politiche e le misure adottate dalle imprese per ridurre il divario di genere

La certificazione della parità di genere è stata inserita tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Prevede un impegno da parte delle imprese nella misurazione, rendicontazione e valutazione della propria organizzazione sulla base di KPI qualitativi e quantitativi.

 

Obiettivi della certificazione della parità di genere

La misura ha lo scopo di:

  • assicurare una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro
  • ridurre il gender gap attraverso processi aziendali trasparenti ed equi
  • migliorare le condizioni di lavoro delle donne in termini qualitativi, di remunerazione e di sviluppi di carriera.

I criteri della certificazione della parità di genere – PdR UNI 125:2022

I criteri per l’ottenimento della certificazione della parità di genere sono contenuti  all’interno della PdR UNI 125:2022, in vigore dal 16 marzo 2022 e ora pubblicata in Gazzetta Ufficiale dal 1° luglio 2022

La PdR UNI 125:2022 si concentra nel monitoraggio di sei aree aziendali, strategiche al fine di costruire una solida organizzazione inclusiva:

  1. Cultura e strategia;
  2. Governance;
  3. Processi HR;
  4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;
  5. Equità remunerativa per genere;
  6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

Per ciascuna Area di valutazione sono stati identificati degli specifici KPI attraverso i quali misurare il grado di maturità dell’organizzazione.

Al fine di garantire una corretta ed equa valutazione, la PdR UNI 125:2022 prevede una semplificazione dei KPI, proporzionale in base al profilo dimensionale dell’impresa e del settore in cui opera.

I destinatari

Destinatari della certificazione della parità di genere sono tutte le imprese, di ogni dimensione e settore d’appartenenza: micro, piccola, media, grande.

I vantaggi per chi ottiene la certificazione: non solo sgravi fiscali

Le imprese che otterranno la certificazione potranno richiedere uno sgravio contributivo fino a 50mila euro all’anno e ottenere un punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato e/o finanziamenti pubblici.

Ma ciò che più conta, guardando all’essenza della norma, è l’occasione che la certificazione della parità di genere rappresenta per ogni impresa, nessuna esclusa: essere protagonisti attivi del cambiamento.

Infatti, investire impegno e responsabilità sulla certificazione della parità di genere vuol dire fermarsi a guardare con sincerità e attenzione i processi organizzativi, lavorare verso un miglioramento continuo, ambire a diventare un ambiente equo e inclusivo della diversità, in cui tutte le persone possano portare valore proprio grazie alla loro unicità. Non si tratta di emancipazione femminile, o di diritti delle donne bensì di un approccio mentale diverso, che pone la persona al centro, indipendentemente dal genere.

Articolo sviluppato in collaborazione con Francesca Napolitano

Se ti sta a cuore la tematica affrontata i professionisti di Hidra ti supporteranno a comprendere la tua situazione attuale e ad individuare le aree di miglioramento fino all’ottenimento della certificazione.

Codice della crisi d’impresa: suite H3 e sostenibilità economica

Codice della crisi d’impresa: suite H3 e sostenibilità economica

Crisi e importanza della sostenibilità economica di un’azienda

Venerdì 15 luglio 2022 è entrato in vigore nella sua interezza il codice della crisi d’impresa e dell’ insolvenza. Il nuovo codice crisi d’impresa ci ricorda come la sostenibilità debba essere prima di tutto economica e come la continuità e la prosperità aziendale siano fondamentali per qualsiasi percorso ed idea di sviluppo.

Emanato nei primi mesi del 2019 dopo un lungo lavoro della commissione Rordorf, in attuazione della direttiva europea 2019/1023, il codice crisi impresa e insolvenza è stato per lungo tempo congelato nella sua efficacia, per poi essere sostanzialmente modificato nel 2022 ed infine
trasformato in legge.

Nuove responsabilità per imprenditori ed amministratori col nuovo codice della crisi di impresa

Emergono nuove responsabilità per imprenditori ed amministratori: l’articolo 3 del d.lgs 14/2019 il cosiddetto “Codice crisi di impresa” – stabilisce che l’imprenditore che opera in forma individuale, societaria o collettiva, deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo
stato di crisi. Ciò comporta, come già ricordato dal novellato articolo 2086 del codice civile sulla gestione d’impresa, l’istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alle dimensioni dell’impresa, che sia utile a prevenire e rilevare lo stato di crisi aziendale.

Una nuova visione: prevenire la crisi grazie alla digitalizzazione

Il medesimo decreto, all’articolo 378, stabilisce che gli amministratori rispondono in solido verso i creditori sociali e verso la società, per l’inosservanza dei doveri imposti dalla legge. Di conseguenza, il medesimo obbligo sussiste anche nel caso della mancata realizzazione degli adeguati assetti, utili a prevenire un’interruzione della continuità aziendale.
Questo sottolinea l’importanza della prevenzione al fine di intercettare tempestivamente la crisi di cui ne rispondono in solido gli amministratori, ma ancor più importante è l’aspetto di visione preventiva del problema.
Ecco come il focus del legislatore si sposa da dal “backward looking” al “forward looking”.

Con l’abrogazione dei 5 indicatori della crisi, ritenuti strumenti tardivi per prevenire la crisi aziendale, il nuovo paradigma si basa su un piano strategico aziendale che analizza il contesto in cui l’impresa opera. Ne deriva un sistema di allerta precoce che va ad individuare possibili indizi di crisi e capace di rispondere alle 61 domande della check list contenute nel decreto del ministero della Giustizia del 28 settembre 2021.
Unicamente con la digitalizzazione del controllo di gestione aziendale si possono costruire gli assetti adeguati.

La differenza calzante tra i nuovi strumenti digitali e quelli tradizionali, come l’analisi di bilancio, consiste nella tempestività d’azione. Questa permette di intercettare anticipatamente gli indicatori della crisi, consentendo azioni di miglioramento funzionali alla prevenzione dello stato di crisi.
Saranno così modificabili i tool del piano strategico:

  • budget
  • balanced scorecard
  • strategy map 
  • matrice SWOT per l’analisi del contesto, delle opportunità e dei rischi aziendali.

Strumenti per la raccolta dati: la suite H3

Ecco perchè il nostro impegno come professionisti è volto ad accompagnare le imprese, partendo dalla redazione del piano strategico nella sua interezza, fino al controllo dei risultati ottenuti attraverso strumenti costruiti su misura in ogni azienda, per intraprendere e mantenere la via dello sviluppo economicamente sostenibile.

In particolare abbiamo messo a punto la suite H 3 che permette di avere una visione completa e integrata dell’andamento aziendale, fondamentale per lo steering control richiesto dalla normativa. Si tratta di un controllo orientato al futuro che permette di reindirizzare la gestione e aggiornare costantemente l’intero piano strategico.

Attraverso applicazioni costruite e modellate ad hoc sulle specifiche aziendali, è possibile avere una visione globale e in tempo reale dell’andamento gestionale, economico, finanziario e patrimoniale dell’azienda.
H 3 Finance popola un bilancio riclassificato, costantemente aggiornato, che permette valutazioni puntuali e immediate sull’andamento aziendale, attraverso analisi di conto economico, stato patrimoniale, flussi di cassa e indici specifici.
H 3 Profitability analizza la marginalità di ogni singolo prodotto venduto, per effettuare assessment tempestivi sulla convenienza di produzione di un determinato prodotto o di un’intera famiglia.
H 3 Sales permette di analizzare i clienti, mantenere il focus sull’andamento delle vendite e della stagionalità, individuare rapidamente cambiamenti nelle richieste del mercato.
H 3 Operations & supply chain analizza efficienza e qualità nella produzione interna e negli acquisti, monitorando parallelamente i fornitori attraverso indici mirati.

L’insieme di questi strumenti va ad alimentare in automatico l’ultima applicazione del pacchetto: H 3 Strategy.
Un’applicazione di sintesi strategica che rispecchia appieno i requisiti richiesti dal codice della crisi e dell’insolvenza. Al suo interno saranno riportati gli indicatori di sintesi inseriti negli strumenti strategici prescelti e disegnati sul modello di business specifico di ciascuna azienda.

Il collegamento alle altre applicazioni permette un aggiornamento giornaliero degli indicatori chiave, favorendo un costante monitoraggio e un conseguente reindirizzamento gestionale.
In questo modo, eventi esogeni ed endogeni che intervengono lungo la vita aziendale, vengono subito intercettati, permettendo un’immediata valutazione del loro impatto sulla continuità aziendale ed una conseguente e pronta risposta.
La suite H3 di Hidra è un mezzo efficiente che si focalizza sull’importanza della sostenibilità in termini di economicità, poiché uno sviluppo economicamente sostenibile comporta un efficientamento dell’impresa stessa.

Le pratiche agronomiche di HIDRA SB: strumento di alto valore sociale

Le pratiche agronomiche di HIDRA SB: strumento di alto valore sociale

Donare alberi al pianeta e lavoro dignitoso alle persone: questi i nostri obiettivi per le pratiche agronomiche intraprese.

I numeri raggiunti nel 2021 con il progetto ZEROCO2: 4 famiglie impiegate, 110 alberi aggiuntivi piantati (per un totale di 220) e 110.050 kg di CO2 assorbiti.

Certificato Hidra 2021 ZEROCO2Lavoriamo ogni giorno con l’obiettivo di supportare e guidare le società che si affidano a noi per intraprendere percorsi di sviluppo sostenibile.

In quanto Società Benefit abbiamo anche il dovere e la responsabilità di condurre tutte le nostre azioni a favore della sostenibilità, con l’attenzione verso il pianeta e le persone.

Per questo abbiamo deciso di creare valore attraverso pratiche agronomiche ad alto valore sociale.

Già l’anno scorso abbiamo iniziato ad occuparci del territorio della Guatemala, con un progetto che prevede la riqualificazione ambientale ed il supporto alle famiglie del territorio. Un impegno confermato anche quest’anno, ed ampliato anche nella nostra nazione.

L’agricoltura sociale in Italia

Guardando all’Italia, il bisogno del nostro territorio non è tanto la riforestazione, quanto piuttosto la gestione sostenibile della terra e delle foreste.

E insieme il supporto alle persone e alle comunità.

Con la donazione di alberi alle cooperative possiamo supportare realtà impegnate  nell’ambito socio-terapeutico e riabilitativo, di accoglienza, educativo/didattico e dell’inserimento al lavoro per dare loro la capacità di autofinanziarsi mediante la vendita diretta o la trasformazione dei frutti.

Perchè il Guatemala

Negli ultimi 20 anni il Guatemala ha perso il 20% delle sue foreste per cause imputabili all’uomo. Essere presenti in questo paese significa partecipare attivamente alla lotta contro il surriscaldamento climatico e, contemporaneamente, dare stabilità economica e alimentare a famiglie di contadini, preservando la loro identità e la loro dignità.

Grazie ad iniziative di questo tipo si ricrea così una connessione naturale tra l’ambiente e l’essere umano che lo vive.

Abbiamo deciso di affidarci a zeroCO2, una società Benefit impegnata nello sviluppo di progetti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Gestisce progetti di riforestazione grazie ai quali contribuisce alla sicurezza alimentare e al sostegno economico di famiglie contadine dei diversi paesi dove opera. Offre la possibilità a privati e aziende di creare la propria foresta ad alto impatto sociale attraverso l’adozione di alberi. 

lavoro-dignitoso

Credendo che uno degli ingredienti più importanti nello sviluppo sostenibile sia l’educazione, zeroCO2 forma le comunità contadine su agricoltura organica e la gestione sostenibile della terra.

Greenwashing: le aziende si immergono nel verde

Greenwashing: le aziende si immergono nel verde

 Attenzione all’ambiente, risparmio energetico, riduzione della plastica, corretta gestione dei rifiuti. E quando non è possibile attuare piani di abbattimento delle emissioni di CO2 si può sempre partecipare a programmi di forestazione, per dare ossigeno al pianeta, sostenere le comunità locali e ridurre la propria impronta.

Ecco i  parametri con cui troppe aziende sono diventate “green”, associando a questa accezione il grande tema della sostenibilità.

C’è chi poi ha capito che per essere sostenibili è necessario anche pensare alle persone. E allora si sente ora parlare di inclusione, pari opportunità, redistribuzione della ricchezza. 

E’ veramente sufficiente dichiarare impegno su queste tematiche per conciliare l’equilibrio tra profit, people, planet e proclamarsi sostenibili?

La risposta è scontata. Ma c’è da porre molta attenzione a questo fenomeno, meglio noto come “greenwashing”.

Cosa significa Greenwashing

Greenwashing è “Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo” Vocabolario Treccani.

Con il proliferare di messaggi aziendali legati alla sostenibilità, non sempre confermati dai fatti, il consumatore si sente incerto e ingannato. E darsi una pennellata di verde rientra tra le pratiche commerciali sleali.

Dallo scorso 30 marzo a Bruxelles si parla di inasprimento delle norme e dei controlli sulla tematica della sostenibilità, con riferimento proprio al greenwashing.

Siamo quindi sul piano legale. Fare delle dichiarazioni ambientali, come “eco”, “verde”, “rispettoso dell’ambiente”, senza avere obiettivi chiari, trasparenti, misurabili e verificabili non è più consentito. L’obsolescenza programmata non dichiarata sarà punibile.

Così come esibire bollini di sostenibilità in modo autonomo, non certificati e verificati da enti terzi, rientra tra le pratiche non legali.

La legge è intervenuta a mettere un freno ad una tendenza che già il mercato stava iniziando a punire. Perché in un contesto dove le informazioni circolano velocemente e i consumatori sono sovrastati da messaggi, il senso critico e le aspettative sono sempre più alte. Le nuove generazioni pretendono che le promesse vengano mantenute, e la loro attenzione verso la sostenibilità è sempre molto alta.

Non basta dichiarare, è necessario agire

Proclamare una sostenibilità basata su luoghi comuni e dichiarazioni leggere e fallaci nuoce al brand, alla reputazione, e quindi al profitto. 

Ecco perché la sostenibilità deve partire dalle radici. Richiede piani di sviluppo concreti, che portano a creare nuovi modelli di business sostenibili fondati sulle 3P: Profit, People e Planet.

Hidra sb si occupa proprio di questo: accompagnare le aziende verso percorsi di sviluppo sostenibile, partendo dalla strategia, fondata su valori dichiarati e condivisi internamente ed esternamente. Solo da una chiarezza di vision e mission si possono condividere azioni concrete e riconosciute dal mercato. Senza alcun dubbio di cadere nella pratica del greenwashing.

Il mercato ora attende brand attivi: le dichiarazioni devono essere comprovate, se non addirittura sostituite, dai fatti. L’impegno deve essere tangibile: ora le aziende sono chiamate ad essere protagoniste di un cambiamento.  

Il codice etico

Il Codice etico è lo strumento principale per formalizzare l’etica delle relazioni all’interno dell’impresa e ben si inserisce in una strategia di sviluppo sostenibile.

In questo documento vengono presentati i criteri fondamentali che orientano le scelte dell’organizzazione ed è quindi utile per governare le relazioni tra impresa e i suoi portatori di interessi (stakeholder).

Al suo interno si trovano sia il “credo” aziendale, sia le regole di comportamento, con esempi pratici di azioni ammesse e vietate.

Se hai bisogno di un supporto nell’affrontare la tematica delicata che abbiamo trattato i Coach del team HIDRA possono supportarti, affiancandoti  e supportandoti nel processo di cambiamento.

Grandi dimissioni o grandi assunzioni?

Grandi dimissioni o grandi assunzioni?

2 facce della stessa medaglia

Great Resignation: le grandi dimissioni. E’ così che è stato definito il grande fenomeno che sembra rimescolare le carte rispetto al tradizionale approccio al mondo del lavoro.

Le persone sono sempre meno portate a rimanere nella stessa organizzazione: sono sempre di più i lavoratori che decidono spontaneamente di licenziarsi per cercare condizioni diverse.

Si pensi che  da aprile a giugno 2021 si è registrato un incremento dell’85% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

 

Ma c’è una lettura interessante del dato. I soggetti coinvolti non fanno solo parte della popolazione che cerca attivamente lavoro, ma vi è anche una consistente parte di individui che viene attivamente ricercata dalle aziende, attratta da nuovi modi di lavorare.

Responsabili HR e titolari di aziende indagano sulle ragioni di questo fenomeno, e ci si chiede se sia una delle conseguenze del contesto socio-pandemico o piuttosto l’espressione di un nuovo paradigma lavorativo, figlio di un mutamento generazionale più ampio.

La risposta è abbastanza semplice.

La pandemia è stata solo un acceleratore di un cambiamento che era già in atto, e forse stentava a partire. Le motivazioni che spingono le persone a ricercare nuovi scenari lavorativi hanno radici ben più profonde.

Il rapporto con il lavoro ora è diverso, dato dal bilanciamento con altri aspetti di maggior attrazione, come la flessibilità, il work-life balance e l’innovazione (risultati ottenuti dall’osservatorio Glickon 2021 su 9000 candidati).

In particolare, è proprio il tema dell’innovazione uno dei punti cardine del cambiamento. Siamo costantemente alla ricerca di nuovi stimoli in settori lavorativi mai sperimentati prima, perchè desideriamo sviluppare competenze diffuse e trasversali, per poter espandere i confini conoscitivi.  

Generazioni a confronto

La tendenza non ha però lo stesso andamento tra i lavoratori di età diverse.

L’Employer Brand Research 2021 ha dimostrato come la mobilità, il cambiamento e, in generale, la flessibilità di luoghi e tempi di lavoro siano aspetti ricercati dalle nuove generazioni, a differenza di quelle precedenti che, al contrario, ricercano una maggiore continuità.

 

Quali sono, dunque, le tematiche di cultura aziendale che un’azienda oggi deve implementare, per riuscire ad attrarre e trattenere i talenti?

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Glickon 2022 su 2.430 candidati, le persone mostrano un’attenzione maggiore al riconoscimento della persona, che all’interno dell’organizzazione lavora in sinergia con altri individui. Si è così passati dalla flessibilità del lavoro in luoghi e tempi alla sensibilità delle persone, al riconoscimento della professionalità e all’equità.

Great resignation: lo spunto per la sostenibilità

Come può l’azienda gestire al meglio tale movimento?

Porsi in ascolto è il primo passo. Capire quale sia la scala di priorità e valori che, in tale contesto, orientano la scelta lavorativa di una persona, è fondamentale.

 

È necessario che le organizzazioni stipulino un patto umano, in cui i valori non rimangano sterili parole ma si trasformino in virtù. Questo grande passo si ottiene solo attraverso una cultura diffusa incentrata sull’individuo. E in un’ottica di Culture People Proposition, tale patto richiede una connessione tra le persone che condividono obiettivi e valori, in una dimensione di fiducia reciproca, garantendo il benessere e la crescita personale.

 

Ricordiamo sempre che, ancora più con questa prospettiva, l’incapacità di un’azienda nel trattenere il proprio capitale umano può essere paragonata a uno spreco di risorse. Ed è facile quindi comprendere che parlare di sostenibilità significhi occuparsi anche delle persone, attraverso il rinnovamento del patto che le mette in relazione.

 

Allora, se da un lato l’attuale contesto presenta nuove modalità lavorative, non è trascurabile l’impatto del fenomeno migratorio, di fronte al quale per un’azienda risulta indispensabile saper attrarre il talento e farlo fiorire, ma anche comprendere appieno le ragioni che spingono tale movimento.

 

Quindi per concludere, lasciamo i nostri 5 consigli per una corretta gestione delle persone all’interno delle organizzazioni

 

  • L’approccio verso la cura delle persone e delle difficoltà che si possono verificare deve essere lo stesso che caratterizza i temi legati alla produzione: il problem solving. Quindi, se si stanno registrando molti casi di dimissioni, iniziate ad analizzare le cause che portano i collaboratori a lasciare il posto di lavoro. Sarà questo il punto di partenza per individuare le soluzioni
  • Investire tempo per l’ ascolto e la comprensione delle esigenze dei dipendenti e collaboratori, finalizzato a far emergere le priorità e i valori fondamentali delle diverse persone
  • Diffondere una cultura aziendale condivisa
  • Strutturare metodi di lavoro basati sulla flessibilità dei luoghi e dei tempi, soprattutto per le nuove generazioni
  • Formazione: sviluppare nuove conoscenze e competenze, mirate anche allo sviluppo della persona

Se hai bisogno di un supporto nell’affrontare la tematica delicata che abbiamo trattato i Coach del team HIDRA possono supportarti, affiancandoti  e supportandoti nel processo di cambiamento.